Con una proposta contenuta in un disegno di legge–voto, il gruppo DiventeràBellissima chiede un referendum consultivo per lasciare ai siciliani la decisione sul decennale, quanto abusato, tema “Ponte sullo stretto”.
Un tormentone che ha attraversato indenne il ventennio berlusconiano per essere , oggi, riconsegnato ai tentativi di distrazione di massa del fallito governo regionale. Un’ossessione, intrisa di chiare strategie politiche che intenderebbero sottolineare la legittima assenza del progetto nel Decreto legge “Semplificazioni” e addossare il ristagno socio-economico dell’isola alle responsabilità del governo nazionale.
Una sorta di provocazione che, secondo le strategie messe in atto dal gruppo all’ARS, potrebbe spostare democraticamente gli interessi dei siciliani verso il faraonico progetto, lanciato dal megalomane Berlusconi negli anni in cui pensava di regnare come un eterno Giulio Cesare! Ma, chi sono i siciliani? I siciliani sono quelli che per spostarsi quotidianamente all’interno dell’isola sanno di dovere rinunciare a collegamenti facili, sono abituati al disagio. Sono quelli che, per andare da Palermo a Catania in treno, sanno di dovere impiegare quanto un loro connazionale del Nord Italia impiegherebbe per fare un viaggio di pari chilometri di andata e ritorno. Sono quelli delle province dimenticate di Enna ed Agrigento che, solo mettendosi su strada, sanno di dovere correre rischi.
Sono ancora quelli delle strade improvvisate e dissestate, dei cantieri iniziati e mai finiti, sono quelli che, da 73 anni, così come rilevato da una statistica de Il sole 24 ore alla fine del 2019, stanno all’ultimo posto nella graduatoria nazionale per ricchezza e consumi, affari e lavoro, ambiente e servizi, demografia e società, giustizia e sicurezza, cultura e tempo libero. Nella top ten delle peggiori, al 98esimo posto, proprio il capoluogo.
Eppure, l’isola è stata crocevia di popoli e di culture, dai fenici ai greci, ai bizantini, agli arabi ai normanni…, è stata definita da Catone il Censore il “granaio della Repubblica” e non ci risulta che il successo di questa terra fosse legato alla presenza di un Ponte. La continuità territoriale è il risultato delle azioni politiche, delle scelte per il bene comune, dei progetti pensati in modo organico, della competenza di chi amministra e dell’amore per la terra che si governa, non certo, in prima battuta, di ponti fisici di collegamento.
E’ semplificativo e deresponsabilizzante dichiarare la priorità teorica, priva di una scientifica e convincente analisi costi/benefici, della realizzazione del Ponte come scelta strategica per il rilancio economico dell’isola, quando si è storicamente responsabili dello stato di sottosviluppo di questa terra, quando si alimenta lo stato di bisogno del popolo siciliano per mantenere il bacino di voti e, soprattutto, quando si è autori della sua “svendita politica” al populista di turno con cui l’anima leghista del governo regionale pare abbia tante affinità!
E’ assai raccapricciante che proprio l’autore del protocollo d’intesa fra Regione Siciliana e Lombardia, con il quale si trasferisce la gestione del 118 dalla siciliana SEUS alla lombarda AREU, voglia poi farsi promotore di una scelta strategica, pretendendo che gli vengano riconosciuti i meriti di un efficace governo dell’isola. Chi sceglie la sudditanza e denigra lo Statuto siciliano, deve continuare ad obbedire al “padrone “ di turno ed accettare silenziosamente il ruolo di “viceré”.
A questi esponenti della corte siciliana chiederemmo invece di fare esprimere i siciliani riguardo alla percezione della qualità della vita nell’isola, riguardo alla bontà delle scelte politiche operate in questi anni di governo Musumeci, spaziando dalla sanità regionale fino all’economia, infine riguardo ai progetti fantasma di sviluppo e di crescita economica. A quel punto sarebbe il caso di proporre non un referendum consultivo sul Ponte, ma una lista di opere da realizzare su cui fare apporre un numeretto di priorità.
Inserite pure il Ponte sullo stretto, vedrete la sorpresa!